L’ Aquilegia, ambigua e intrigante

 Un fiore affascinate carico di simboli e di storia

In questi mesi primaverili nei boschi Boreali fiorisce l’ Aquilegia (a. vulgaris) comunemente   chiamata Colombina, o anche Ballerina, ma le sono attribuiti altri nomi regionali e dialettali (a Savona era chiamata un tempo: Amu perfettu a Genova Nasi brutti). E’ una pianta perenne. Ne esistono molte specie, essa appartiene al genere delle ranuncolacee, è velenosa poiché il suo contenuto in glicosidi cardioattivi è altissimo, queste sostanze danneggiano principalmente il cuore e provocano crampi, difficoltà respiratorie e aritmie.

 Aquilegia alpina, comunemente nota come aquilegia maggiore,

 Il suo nome ha due etimologie, una scientifica e una folklorica: nella prima (quella più razionale) il suo nome deriverebbe da aquilegusaggettivo latino che significa “raccogliere l’ acqua ”,  in riferimento alla forma capiente dei petali a forma di cornetto ricurvo. Invece l’interpretazione popolare tende spesso ad indentificare la forma con archetipi simbolici, così gli speroni adunchi dei petali vengono assimilati agli artigli del  più iconico rapace, l’ aquila appunto. Comunque, la strana forma cornuta del fiore rimanda spesso alla sfera simbolica dell’amore e del sesso. Nel mondo mediterraneo era associata alla dea Venere, alla luna e all’ acqua; nella religione Norrena e germanica alla dea dell’amore e della fertilità Freia. Nel linguaggio dei fiori simboleggia la dinamica delle relazioni amorose (come la lussuria, l’unione, il tradimento, l’esibizionismo). Era considerata una pianta magica anche dalle streghe che la utilizzavano per creare o rescindere relazioni d’ amore. Il profumo si credeva afrodisiaco.

L’ aquilegia possiede una incredibile fertilità, le singole piante tendono ad auto fecondarsi e ad auto ibridarsi, ciò si manifesta in una numerosa serie di varianti naturali. In Italia se contano addirittura 29 e sono spesso concentrate in luoghi specifici (endemismi).  Il colore predominante è il blu declinato in varie tonalità, meno diffusi sono il bianco e il rosa. Dall’ incrocio delle varietà spontanee europee e americane è stata prodotta una ricchissima serie di cultivar o genotipi. 


 Nel nostro giardino, più di trent’anni fa, ho messo a dimora nell’ aiola dedicata alla flora spontanea l’a. vulgaris, mentre accanto alla casa ho seminato aquilegie di origine orticola caratterizzate dalla ricca combinazione di colori. Negli anni successivi dai semi sono nate spontaneamente numerose varietà di ibridi dalle forme e dalla commistione di colori inattesi.


 Per molte stagioni si è rinnovata questa esplosione genetica, nuove forme crescevano nei punti più impensati del giardino, ma ad ogni nuovo ciclo stagionale nessuno dei tipi dell’anno precedente riappariva uguale alla pianta generatrice. Oggi dopo tante meravigliose fioriture la forma selvatica è diventata dominante e solo raramente fiorisce un esemplare con un numero di petali difforme e una nuova combinazione cromatica, ma anch’ esso non avrà una discendenza  dai caratteri stabili ( la natura da’, la natura toglie).

( Prossimamente un  articolo si occuperà dell’ aquilegia come simbolo nell’ arte )

 

 

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