Una rosa per l’aviatore
Il paese di Murta, nell’ entroterra di Genova, domina dalle colline la Val Polcevera. Subito sotto la chiesa parrocchiale di San Martino esiste dal 1835 un piccolo camposanto, caratterizzato da interessanti elementi di arte cimiteriale ottocentesca e Liberty. Nell’ ultimo decennio del ‘900 fu abbandonato e vandalizzato. Poi, nel 2019, un gruppo di volontari “visionari” lo ha ripulito e vi ha impiantato antiche varietà di Rosa Chinensis facendolo diventare un luogo dello spirito, un vero roseto delle rimembranze.
Il camposanto di Murta (GE)
Sotto una lapide segnata dalle stagioni è seppellito il tenente di artiglieria Augusto Levrero (1895-1923). Affascinato dagli aeroplani e dalla nascente guerra aerea, divenne pilota nella 75^ Squadriglia Caccia. Il 18 maggio del 1918, durante un furioso e impari duello contro tre aerei austriaci, riuscì a salvarsi e ad abbattere un nemico. Per questa impavida azione, fu insignito della medaglia d’ argento.
Ho immaginato il racconto biografico di Augusto Levrero in forma di epitaffio, ispirandomi ad Edgar Lee Masters (1868-1950), per mantenere vivo il suo ricordo, perché non c’è peggior dannazione che l’ oblio.
Augusto Levrero Aviatore
Me ne stavo stretto nella mia divisa
di artigliere,
il cannone fece esplodere lo spazio.
Seguivo con i binocoli la traiettoria.
Una saetta nera mi attraversò le lenti,
era un corvo,
che ad ali distese risaliva con solenni cerchi la corrente.
Lassù sospeso.
Il grande becco come un timone
ruotava ed esplorava
l’immensità dell’orizzonte.
Mi sono sentito un verme che aderisce alla terra,
impotente.
Così ho saputo
e sono diventato pilota,
pilota cacciatore.
Sono partito per difendere
la Patria.
Sospeso sopra le valli
l’altezza mi ha consegnato
il dominio del mondo.
Un attimo e tre corvi rombanti,
con le ali crociate di nero,
mi hanno avvinghiato
con raffiche malefiche.
Viro stretto,
picchio,
impenno,
poi nel mirino
eccolo di fronte a me,
sagoma nera nel vuoto azzurro.
Sfioro il gelido grilletto.
I colpi gli inchiodano l’elica.
Lo vedo cadere
rotante
come foglia d’ autunno.
Anch’ io mi tuffo
avvitandomi.
Mi credono spacciato.
Una nuvola splendente
mi nasconde.
Sono salvo.
Il colonnello mi ha detto bravo,
mentre mi appuntava la medaglia d’ argento al petto.
Poi sono volato oltre.
Questa tomba è tutto ciò che resta.
Ora sto sospeso
in una vastità di luce.
Qui non ci sono frontiere,
non ci sono nemici, né patrie.
Ma vorrei ancora sentire
l’urlo del motore.
Avere nel naso l’odore degli scarichi
Per godere della traballante
ebrezza
delle mie ali di tela.
Santino Nastasi
Settembre 20121
Grazie, davvero un omaggio stupendo a questo aviatore che dorme sulla nostra collina piena di rose.
RispondiEliminaUn omaggio ad un uomo coraggioso dimenticato, un saluto a tutti i volontari visionari che hanno fatto rifiorire un luogo dimenticato
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