Sardegna: le meraviglie dell’ altipiano del Golgo - Il cuore nuragico.

 Sulle tracce degli Sherdana

A Ovest dell' altipiano del Golgo si apre un' aspra e accidentata gola. Qui tra l'ombra di profumati lentischi e di contorti ulivastri, la suggestione è tale che pare di percepire l'eco della presenza degli antichi pastori guerrieri, i misteriosi Sherdana.

Sul percorso  per arrivare nel cuore nuragico dell' altipiano del Golgo è possibile incontrare i Cuiles, gli antichi rifugi dei pastori, strutturati da recinti con base circolare in pietra, la cui copertura conica è formata da immarcescibili travi in Ginepro Fenicio (Juniperus Phoenicea), al centro di questi vecchi ovili c'è il "foghile"  cioè il focolare per scaldarsi e cucinare. La struttura della costruzione, richiama quella delle capanne di origine neolitica, delle quali si trovano testimonianze in tutto il bacino del Mediterraneo. Da analisi archeologiche i Cuiles deriverebbero dalle antiche abitazioni degli Sherdana che formavano il villaggio  attorno alla fortezza nuragica. 

   I Cuiles, antichi rifugi dei pastori

A guardia di una stretta e impervia gola a ovest dell’altipiano c’è il Nuraghe di “Genna Sarmentu” -5- , indicato nelle guide turistiche come “Nuraghe Alvo”, realizzato in blocchi di basalto, posto su di una sommità che domina strategicamente l’altopiano di Golgo. 

 

La cartina dei luoghi nuragici del supramonte di Baunei

La caratteristica che rende unico questo nuraghe è senza dubbio la presenza delle dodici “mensole” ancora chiaramente visibili.

 

 

I resti del “Nuraghe Alvo”

 

Queste “mensole nuragiche” sono assai importanti come sottolinea l’archeologo Manconi Quesada: “E’ ormai accertato che i nuraghi, o almeno quelli complessi, presentavano un coronamento a terrazzo sporgente dal profilo delle torri e delle cortine, questi conci dalla tipica forma di pentagono irregolare, di trapezio, di triangolo o di forma indeterminata, chiamati “mensole”, “mensoloni”.  (1)

 

 

 Disegno ricostruttivo di un mensolone ricollocato in opera, da G. Dore.


 Le mensole coronavano la torre centrale del nuraghe ancora conservata per un’altezza di oltre cinque metri e svettavano sul corpo aggiunto che secondo gli archeologi presumibilmente racchiudeva un cortile centrale. Le torri nuragiche sembrano le antenate delle torri medievali, ma erano molto più possenti e massicce.

 

  Ricostruzione ipotetica della torre a mensoloni del “Nuraghe Alvo”


-6- Sicuramente unico e assai affascinante  è il capolavoro scolpito dalla natura chiamato il “Volto litico”  che si trova sul lato opposto della gola.

Nel corso dei millenni gli agenti atmosferici hanno scavato la parete basaltica, alta dieci metri circa, sulla quale, da una precisa angolazione, sono perfettamente riconoscibili le fattezze umane, definendo quasi nel dettaglio gli occhi, il naso e la mandibola.

 

 

Il volto litico del Golgo

Impressionante è la somiglianza fisionomica con i tratti tipici della maschera del mamutone (il personaggio ancestrale del carnevale della Barbagia) “la bisera o la maschera nera” che l’antropologo nuorese Raffaello Marchi, descrive così: “La linea della maschera è leggermente angolosa, con un mento che sovente si protende in fuori. Il naso è retto e molto largo e lungo; la bocca larga in atteggiamento talvolta sogghignante; gli occhi infossati; la superficie a volte completamente liscia, a volte arricchita da leggere scanalature.” (2) Un vecchio detto: mamojadino, t’ana fattu a bisera (ti hanno ridotto il viso come una maschera), può quindi essere una indicazione sulle caratteristiche di questa maschera, nel senso che non deve essere bella, ma possibilmente brutta e senza sorriso, più è brutta e più è classificata bella, questo detto si usava dire dopo una sconfitta o una scazzottata, “ti hanno mal conciato”, nel senso che il volto è stato ridotto a sembianze di maschera (3). Il legno con cui è realizzata (pero, fico, ontano nero, noce) viene annerito e lucidato, queste caratteristiche si collegano al significato del termine originario di maschera, voce preindoeuropea, masca, “fuliggine, fantasma nero” e si richiama, forse agli antenati e ai defunti, ed ha il potere di connettere, indossata e vista, al tempo mitico delle origini. Ma i tratti camusi sembrano spesso dare  l’impressione di un volto in affanno segnato dal taglio amaro della bocca, ansante  per un’ infinita fatica, il segno di  una dura lotta per la sopravvivenza.

 

Il confronto tra la bisera di un  mamutone e il volto del Golgo

 I Mamutones sfilano in gruppi di dodici (numero sinbolico per eccellenza), per il paese, durante il periodo carnascialesco al suono ritmico dei pesanti sonagli di bronzo (carriga), ma restando sempre assolutamente silenziosi, tanto da essere definiti “umbre silentes”. 

 

Così come il volto litico di Golgo che domina da “mille secoli il silenzio”.



Note

(1) http://www.turismobaunei.eu/my-product/il-nuraghe-delle-mensole/

(2) LE MASCHERE BARBARICINE di Raffaello Marchi (1951) in https://www.mamoiada.org/_pdf/_mamuthiss/mascherebarb.pdf

(3) Storia, analisi e valutazioni sui mamuthones di Franco Sale - http://antropologiaeteatro.cib.unibo.it


                                                                Santino Nastasi

                                                                         

 

                                                                       2022


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